giovedì, febbraio 11, 2010

Parte 5 - Nuraghe Pitzinnu

Sul concio di Nuraghe pitzinnu di abbasanta!

LUNEDÌ 19 MAGGIO 2008

Soprintendenza: fannulloni o solo protervi?

Reperto con scrittura etrusca trovato nei pressi del Nuraghe Crocores, sepolto dallo sbarramento sul Tirso. Foto pubblicata da n. 30 di "Paraulas", diretto da Franco Pilloni. In edicola in questi giorni.


Checché ne pensino alla Soprintendenza archeologica della Sardegna, quel che trovano in quest'isola non è "roba loro": devono risponderne ai cittadini. A quelli sardi, in primo luogo, ma non solo visto che hanno fra le mani tesori dell'umanità. Se fate un giro nei due siti delle Soprintendenze sarde (Sassari-Nuoro e Cagliari-Oristano), avrete la sensazione di trovarvi di fronte a castelli chiusi da cui solo raramente e con il contagocce filtrano notizie su che cosa al loro interno succede.
Poche righe, per esempio, sullo scavo del Complesso megalitico Sa Cuccuredda di Mogoro, cominciato nel 1994, quattordici anni fa. Niente su quanto dureranno ancora gli scavi, niente su che cosa si sia fino ad ora trovato, niente su quanto costano gli interventi. Del resto, è chiaro: è cosa loro. Volete sapere quante indagini di archeologia subacquea sono in corso o quante se ne siano conclude. Mancuna. Volete sapere a che punto sono gli scavi del Nuraghe Nurcale di Scano Montiferru, cominciati cinque anni fa? Segreto: è cosa loro.
E, a parte quelli in corso, sapete quanti scavi sono stati conclusi fra Oristano e Cagliari. Manco uno secondo il sito della Soprintendenza. Da quello che riguarda la Soprintendenza di Sassari-Nuoro, risulta che nella provincia di Nuoro (più l'Ogliastra) non c'è né uno scavo in corso né uno concluso.
Visto che sarebbe ingenuo pensare che nelle due Soprintendenze si muovono torme di fannulloni, non resta da concludere che non si sa (non si deve sapere?) alcunché perché quel che lì fanno interessa solo ed esclusivamente loro, i padroni del patrimonio archeologico sardo. Se e quando ne avranno voglia, e se saranno di buon umore, qualcosa ci comunicheranno.
Come che fine ha fatto la dozzina di ciottoli e terre scoperti nella valle del Tirso, durante un anno di grande secca che rimise a luce il Nuraghe Crocores, insieme ad un grande patrimonio culturale sommerso nel 1924, raramente riemerso ed oggi definitivamente sommerso. La piccola foto, tratta da Paraulas, la rivista di Franco Pilloni, che ne pubblica molte altre, si riferisce ai cosiddetti reperti di Allai di cui altre volte, qui, ho parlato. Immediatamente bollati come falsi da un funzionario della Soprintendenza, quindi sequestrati dai carabinieri accompagnati sul posto dalla Soprintendenza, oggi sarebbero a Milano dove etruscologi di fama li starebbero esaminando. "Sarebbero" e "starebbero", perché si tratta solo di voci, per quanto attendibili. Se nelle stanze della Soprintendenza circolassero rispetto per i cittadini e concezioni non proprietarie, soprattutto dopo il can can fatto da giornali stampati, telematici e audiovisivi, buon senso avrebbe suggerito una nota stampa: "I ciottoli supposti etruschi sequestrati a gennaio ad Allai sono all'attenzione di esperti in etruscologia".
Già, se... Chi sa se questa brutta vicenda di protervia interesserà il nuovo ministro dei beni culturali?

2 COMMENTI:

Francesco ha detto...

Bravo Gianfranco! Sono d'accordo con quanto scrivi e voglio farti una domanda: ma queste fantomatiche soprintendenze, è possibile che non debbano rispondere di quello che fanno(o non fanno!)a nessuno? Non esiste una legge,una disposizione,un codice non scritto di serietà professionale che obblighi a rendere conto del loro operato? In altre nazioni (in Turchia per esempio) se non si pubblica annualmente un resoconto dell'attività svolta si va in panchina ma qui da noi?

zfrantziscu ha detto...

Farmi desiderare di essere in Turchia è davvero troppo. Però, quella disposizione, magari, sarebbe utile

DOMENICA 11 MAGGIO 2008

L'astrologo nel pozzo. O era un nuraghe?

di Gigi Sanna

Qualcuno capirà di sicuro ma io non dirò dove si trova il nuraghe e non dirò quindi dove si trova la scritta (un'altra ancora! che persecuzione!) con caratteri fenici arcaici (precedenti, per intenderci, a quelli della stele di Nora). Tanto a che serve? Le scritte - si sa - sono detestate dai funzionari e da certi archeologi della Sovrintendenza quanto lo sono coloro che le segnalano.
Meglio quindi tacere per non farsi dei nemici giurati ed avere dei rimbrotti pubblici, meglio restare comodamente nella preistoria, nel buio più fitto, dove, tutto è nero e si può dire tutto ed il contrario di quel tutto. Per taluni poi l'epigrafia nuragica è semplicemente insignificante, anzi nulla perché non esiste, non è quindi l'occhio dell'archeologia. Mica le lettere alfabetiche arcaiche sarde sono la dea pottery. E solo per essa serve, quando raramente serve, la filologia. Del resto i convegni di oggi, in grande stile, lo dimostrano con autorevolezza e si fanno per amplificare la doverosa proscinesi dei Sardi nei confronti dei fenici che ci hanno dato tutto, ma proprio tutto, bottarga e vino compresi.
Nel detto nuraghe in tanti, in migliaia forse, data la sua notorietà, si sono arrampicati, sono penetrati nelle sue viscere, buie come quelle di un pozzo chiuso, si sono seduti in una delle nicchie della camera superiore, si son fatti fotografare con il sole abbagliante, quello che entra in un certo tempo, quasi a perpendicolo, dal pertugio nella sommità della tholos. “Avete visto” - grida da anni, compiaciuto, il noto archimandrita dell'astroarcheologia, seguito dal coro delle vestali – “avete visto che meraviglia? In questa nicchia colui che si sedeva o l'oggetto che ci stava erano illuminati dal dio astrale; i nuragici adoravano dunque il sole e conoscevano di lui tutto, ne seguivano puntualmente il corso con i solstizi e gli equinozi.”
E chi, sulle prime, potrebbe dirgli di no? Solo che bastano due o tre cosucce a far traballare quel dunque. E qui non sto a ripeterle tanto sono note e ripetute. La teoria però potrebbe essere inopinatamente supportata da qualcosa che non si è vista e non si vede perché spesso gli scienziati camminano con la testa in su, guardando solo in 'alto'.
Sono le 'caelestia', le Stelle, il Sole e la Luna, l'oggetto della loro indagine puntuale. Il resto non conta proprio. Conoscete la storiellina dell'astrologo caduto nel pozzo? Ovvero, fuor di metafora, precipitato nel buio quasi mortale? Per salvarsi lo sciagurato gridava aiuto, aiuto! Per fortuna lo sente un contadino che vistolo annaspare e con l'acqua alla gola gli chiede come mai sia finito giù. Alla risposta dell'astrologo scienziato, lo zoticone di rimando esclama: “Tu dunque osservi le cose celesti e non vedi quelle terra terra”?'
Ecco, il mio carissimo amico archeoastronomo, con la foga dello scrutare l'alto e il luminoso non ha visto il basso e l'oscuro, ovvero l'iscrizione tracciata, poco vistosamente, su di una pietra del nuraghe, proprio quella che tende a dimostrare che il sole c'entra, e come! C'entra tanto che è chiamato 'padre' e, credo anche 'signore'. Ma gli epigrafisti del nuragico così come gli archeoastronomi della preistoria è meglio che vadano a cogliere asparagi e neanche ci entrino nei nuraghi. Ed è vero. Ne ho colti tanti in questi giorni di Aprile-Maggio in cui essi tentavano, furbescamente, di nascondere e sovrintendere a certe pietre logorroiche.

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MERCOLEDÌ 7 MAGGIO 2008

I nuragici? Dei gran grafomani

Altro che illetterati. I sardi della metà del II millennio (quelli che chiamiamo nuragici) erano dei grafomani. Mano a mano che saltano i prevenuti tappi del "i nuragici non sapevano scrivere" e del "non avevano bisogno di scrivere", si vanno trovando iscrizioni prima non trovate perché non cercate. L'ultimo ritrovamento è opera di Giovanni Meloni, avvocato in Norbello.
Si tratta di un grande masso di basalto, una volta parte di un altare nuragico (come certificherebbe una coppella elissoidale trovata nella parte superiore), distrutto insieme al monumento dopo l'insano editto delle chiudende. Se ne ricavarono, qui come in tutta la Sardegna, pietre e massi per i muretti a secco. Come quello trovato da Meloni in un luogo che, fidarsi è bene ma non fidarsi è più sicuro, è meglio non dire. E' con tutta evidenza pieno zeppo di segni che il professor Luigi Sanna - a cui l'avvocato si è rivolto - ha individuato come "lettere" dell'alfabeto protosinaitico e che, naturalmente con beneficio di inventario, ha trascritto come nel disegno qui sopra pubblicato.
La scritta si dovrebbe leggere da sinistra a destra e poi da destra a sinistra con andamento chiamato bustofredico, come fanno i buoi arando. Che cosa ci sia scritto è presto dire, anche se Sanna crede di aver individuato le prime due lettere N e L, forse Nul, come dire Sole. Ma l'elemento più importante (se gli studi lo confermeranno) è il segno al centro del masso, il segno Tanit, una figurina antropomorfa racchiusa in una sorta di teca.
Inutile dire agli studiosi, ma molto utile a noi, quale rivoluzionamento ci sarebbe se l'esame attento del masso confermasse l'esistenza del segno Tanit. Per dirne una, bisognerebbe rivedere le ipotesi, date per certezze, circa l'influenza dei fenici sulla scrittura in Sardegna, come quella che compare nella famosa stele di Nora. (A proposito, dovrebbe essere finita la sua trasferta a l'Institut du monde arabe di Parigi dove era esposta fino al 20 aprile; è tornata a casa, quella girellona?)
In questa pagina, le foto sono di necessità di modeste dimensioni e lettura, ma potete vederle cliccando qui. Con un po' di attenzione, chi sa farlo potrebbe forse leggervi le lettere "s" "r" "d" "n" che messe di seguito fanno srdn, shardana, insomma. Dice: "Mio caro giornalista, tu corri troppo con le ipotesi e la fantasia". Può darsi: è per questo che esistono epigrafisti e archeologi e addetti alla soprintendenza. Il fatto è che, fino ad ora, agli ormai numerosi ritrovamenti di "cose scritte" ci sono state o non risposte o risposte imbarazzate.
Per dire: che fine hanno fatto i ciottoli e altri reperti trovati ad Allai, sequestrati da Soprintendenza e Carabinieri e spariti nel buio della reticenza? Erano o non erano reperti etruschi? Siccome gli stipendi e le carriere di chi deve dare risposte derivano anche dalla nostre tasse, sarebbe gradito, come dicono i burocrati, un cenno di riscontro.

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