giovedì, febbraio 11, 2010

Parte 11 - Usai sulla scrittura nuragica

VENERDÌ 6 GIUGNO 2008

Così la penso sulla presunta scrittura nuragica

di Alessandro Usai

Intervengo per la seconda volta nel blog da Lei diretto perché chiamato in causa, ma con la speranza che le risposte che darò soddisfino per lo meno alcune domande senza che alcuno pretenda di ridurmi a "parafulmine ufficiale" della polemica sulla presunta scrittura nuragica.
1. Non sono il Soprintendente per i Beni Archeologici; sono il funzionario responsabile per l'alto Oristanese e come tale sono tenuto a conoscere tutto nel territorio di cui mi occupo, e a difendere in ogni modo lecito, soprattutto con l'onestà e la dedizione personale oltre ogni orario di lavoro, la rispettabilità del mio Ufficio.
2. Partecipo a questo blog in forma del tutto personale ma con la convinzione di rappresentare anche tutti i miei colleghi archeologi, tanto della Soprintendenza quanto dell'Università e anche privati professionisti, in quanto tutti portatori della stessa deontologia professionale.
3. Sono un archeologo specialista della civiltà nuragica e per ovvi motivi conosco i rudimenti dell'epigrafia, ma non sono un epigrafista.
4. Parlo e scrivo solo di ciò che conosco: le "tavolette" di Tzricotu (Cabras) e le pietre di Benerega (Paulilatino: non Perdu Pes e e nemmeno Lugherras!) e di Nuraghe Pitzinnu (Abbasanta). Non parlo di cose riservate. Delle altre cose si chieda agli interessati.
5. Per quanto a me finora noto, nell'archeologia mondiale le "tavolette" di Tzricotu somigliano solo alle placche di cinturone longobarde. Se sono oggetti originali, come sembra, possono risalire solo al quel periodo (VIII-IX sec. d. C.). Con tutta evidenza, si tratta di decorazioni astratte e simmetriche; io ho visto una placca longobarda decorata in questo modo con l'aggiunta di alcuni caratteri latini. A mia conoscenza, nessun epigrafista sostiene che si tratti di scrittura.
6. Sulle pietre di Benerega si vedono motivi incisi diversi tra loro: molti somigliano a serie di M maiuscole in sequenza orizzontale, anche sovrapposte e contrapposte a mo' di immagini di farfalle; inoltre si notano una specie di alberello schematico rovesciato, una sorta di chiave, altri schemi lineari indecifrabili. Anche le tecniche di incisione sono diverse: alcune sono piuttosto larghe e profonde, apparentemente ottenute con strumenti a punta arrotondata, e sono talora incrostate da muschi e licheni; altre sono sottili, superficiali e rigide, apparentemente ottenute con strumenti molto duri e appuntiti, ed hanno un aspetto più fresco.
7. Sulla pietra del nuraghe Pitzinnu si vedono innegabilmente lettere di aspetto latino: MBA, MS, LA. Altri segni, orientati in modo diverso e quindi incisi in momenti in cui la pietra era sistemata in modo diverso, sono difficilmente comprensibili; tra questi, uno formato da due M contrapposte a mo' di farfalla, analogo a quelli già osservati su alcune delle pietre di Benerega. Un altro segno strano e interessante sta nella parte alta della pietra. Anche qui ci sono segni profondi ed altri appena accennati, evidentemente incisi in tempi diversi da persone diverse e con strumenti diversi.
8. Per mille motivi ben noti a chi studia la civiltà nuragica, i nuragici sono il popolo meno probabile cui si possa cercare di attribuire tutti questi segni (e certo non perchè fossero rozzi e incivili!); piuttosto, la Sardegna è stata abitata da tanti popoli sicuramente in possesso della scrittura e soprattutto dell'arte del disegno! A Benerega non c'è l'ombra di manufatti nuragici. Il nuraghe Pitzinnu, come dice il nome che sicuramente è molto vecchio, è un piccolo nuraghe che non deve essere stato mai importante nemmeno per i nuragici; forse non fu mai completato, sicuramente è stato molto smantellato e qualcuno in tempo imprecisato ha cercato di spaccare l'architrave con due profondi solchi (è inserito nello stesso muro della famosa pietra). Anch'io sono curioso di saperne di più, ma il professionista non ha fretta anche se è curioso. Prego tutti di conservare la curiosità e di non avere fretta. Sarò ben lieto di esaminare altre di queste pietre; ma con le responsabilità e gli impegni soverchianti del lavoro che svolgo, questa non è una priorità; soprattutto, anch'io attendo il parere dei veri esperti, cioè gli epigrafisti titolati, e finora nessuno ha avvallato la stravagante ipotesi della scrittura nuragica.
9. Quanto alle bufale, sentire che le presunte iscrizioni nuragiche sarebbero di volta in volta espresse in caratteri protosinaitici, cuneiformi, etruschi, latini ecc. ecc. solleva ovvio stupore e incredulità.
10. Chi vuole documentarsi su un falso accertato e di dominio pubblico consulti nel volume 9 (tomo 2) della serie "L'Africa Romana" (Sassari 1992) gli interventi di Massimo Pittau (pp. 637-644) e di Lidio Gasperini (pp. 645-649): il primo dilettante di lingua ed epigrafia etrusca, il secondo specialista della materia. Buon divertimento!

1 COMMENTI:

Anonimo ha detto...

Ho ammirato molto l’intervento di Alessandro Usai, non solo per la chiarezza dell’esposizione, ma anche per il coraggio di mettere per iscritto le sue idee a proposito della scrittura “cosiddetta” nuragica. Idee che sono chiare e certamente non possono essere considerate in controtendenza con le posizioni dell’Ufficio per cui lavora. Ma ognuno, in questo mondo, è libero di avere le proprie opinioni e di esprimerle con scienza e coscienza.
Le affermazioni dell’archeologo però hanno suscitato in me grande stupore, specialmente per la estrema sicurezza con cui vengono espresse. Infatti non ho capito su quali elementi scientifici si ba-sino, se non l’olfatto. Mi riferisco, in particolare, ai punti 7 e 8 del suo intervento. Capisco che, come me peraltro, a scuola ha imparato solo il latino e un segno a 4 segmenti ha senso solo se posto in un certo modo, così come la M. Se osserva i muri dei nostri paesi e delle nostre città, trova lo stesso segno capovolto, pressappoco così: W. Pensa davvero che per scrivere quel segno a gambe all'aria abbiano rivoltato pietre o muri, oppure si siano appesi a testa in giù? E cosa le dà la sicurezza che se messo di fianco, da solo o appaiato, non sia più scrittura, ma disegno, ad esempio belle maripose come lei suggerisce?
Se non vede la comicità di queste sue sicurezze, che dire del fatto che imputa a imprecisati popoli l’amore per l’arte del disegno?
Ma scusi, ha mai sentito parlare di scrittura geroglifica, fatta di disegni e sculture a bassorilievo, chiamati pittogrammi?
Vede, tanto tempo fa, qualcuno scriveva disegnando!
Ha intuito però che l’albero con le radici all’aria sia una cosa importante; ha mai pensato di provare a rimettere a posto l’albero, per esempio girando la pietra (o anche solo la fotografia) di 180° in modo che le radici siano più naturalmente rivolte verso il basso?
Ma se queste cose gliele devo dire io, giuste o sbagliate che siano, cosa vedono i suoi occhi di fron-te a queste immagini? Come fa ad affermare che i due tipi di incisioni sono dovute a mani diverse e a tempi diversi? Non le pare abbastanza gratuito e azzardato?
Allo stesso modo, come fa a dire del nuraghe Pitzinu che sia stato di poco conto anche per i nuragici, che probabilmente non fu mai terminato e che l’architrave sia stata oggetto di vandalismo? Da parte di chi? A parte il suo naso, su cosa basa tutte queste affermazioni?
Sia gentile, tolga almeno qualcuno dei dubbi che ha sollevato in un lettore.
Scrive della scrittura nuragica che essa è “una stravagante ipotesi” non avvallata ecc. ecc.
Certo che l’uso dell’aggettivo “stravagante”, in tutto quel contesto, fa una certa impressione: non si sa bene se dobbiamo ridere o piangere.
Con i miei rispetti.

Franco Pilloni

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